Sentenza n. 68 del 2024

SENTENZA N. 68

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5, commi 14, 19, 20 e 21, 7, comma 11, e 16, comma 7, della legge della Regione Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24 aprile 2023 e depositato in cancelleria in pari data, iscritto al n. 16 del registro ricorsi 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma della Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 20 febbraio 2024 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per il Presidente del Consiglio dei ministri, nonché gli avvocati Mattia Pani e Andrea Secchi per la Regione autonoma della Sardegna;

deliberato nella camera di consiglio del 20 febbraio 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 24 aprile 2023 (reg. ric. n. 16 del 2023), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso quattro questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto alcuni articoli della legge della Regione Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023).

1.1.– La prima questione, avente ad oggetto l’art. 5, comma 14, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, viene promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in relazione agli artt. 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, e 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), lm), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», nonché all’art. 3, primo comma, lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

La disposizione impugnata stabilisce che: «[a]l fine di perequare i livelli medi pro capite dei fondi contrattuali del personale, le aziende del Servizio sanitario regionale, previa autorizzazione rilasciata con deliberazione della Giunta regionale adottata su proposta dell’Assessore della sanità, possono rideterminare i fondi contrattuali delle aree del comparto e della dirigenza nel rispetto del limite di spesa complessivo per il personale previsto dalla vigente normativa statale e dalle norme in materia di contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale previste dal titolo III del decreto legislativo n. 165 del 2001. Per tali finalità il finanziamento ordinario corrente per la garanzia dei Livelli essenziali di assistenza (LEA), è incrementato di euro 10.000.000 annui a partire dall’anno 2023 (missione 13 - programma 01 - titolo 1)».

Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con le previsioni dell’art. 11, comma 1, del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, che, nel definire i vigenti limiti di spesa del personale delle aziende del Servizio sanitario regionale, consente l’incremento degli stessi, ma secondo un meccanismo connesso alla dinamica del Fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente.

Inoltre, intervenendo sulla misura della retribuzione del personale, la disposizione impugnata violerebbe sia l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile, sia l’art. 3 dello statuto speciale, il quale, pur se al primo comma, lettera a), prevede una competenza legislativa esclusiva della Regione autonoma nella materia «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale», limita tale competenza entro i confini della Costituzione e dei princìpi dell’ordinamento giuridico, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.

Sotto altro profilo, poi, ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata determinerebbe un ingiustificato trattamento di favore per il personale delle aziende del Servizio sanitario regionale della Sardegna rispetto ai dipendenti delle aziende sanitarie di altre regioni, con la conseguente lesione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

1.2.– La seconda questione, riguardante l’art. 5, commi 19, 20 e 21, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, è promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera e), e terzo, Cost., in relazione agli artt. 19 e 20 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), che definiscono il trattamento contabile delle risorse destinate al finanziamento dei singoli servizi sanitari regionali, nonché all’art. 3 dello statuto speciale.

Le disposizioni impugnate stabiliscono, al comma 19, che: «[è] autorizzata, per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, la spesa di euro 150.000 per l’attivazione di corsi di formazione per Operatori socio-sanitari (OSS) a titolo gratuito. Le somme sono ripartite, con deliberazione della Giunta regionale, adottata su proposta dell’Assessore regionale della sanità, a favore delle Università degli studi di Cagliari e Sassari (missione 13 - programma 07 - titolo 1)»; al comma 20 che: «[è] autorizzata, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2037, l’ulteriore spesa di euro 250.000 in favore dell’Università degli studi di Sassari per le finalità di cui all’articolo 8, comma 32, della legge regionale 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019), (missione 13 - programma 07 - titolo 1)»; al comma 21 che: «[è] autorizzata la spesa complessiva di euro 1.740.000, in ragione di euro 635.000 per l’anno 2023, di cui euro 70.000 a titolo di rimborso per le attività svolte nel 2022, euro 540.000 per l’anno 2024 ed euro 565.000 per l’anno 2025 in favore dell’Università degli studi di Sassari, Dipartimento di medicina veterinaria, per la realizzazione del Progetto di sviluppo integrato per l’accreditamento della formazione dei medici veterinari della Sardegna (missione 13 - programma 07 - titolo 1)».

Il ricorrente sostiene che le disposizioni impugnate, ponendo a carico della missione 13 del bilancio della Regione autonoma della Sardegna, relativa alla tutela della salute, spese volte a finanziare attività legate alla formazione e destinate alle Università di Cagliari e di Sassari, enti estranei al Servizio sanitario nazionale (SSN), determinerebbero una rappresentazione non corretta del finanziamento sanitario regionale, violando così l’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, che garantisce l’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del Servizio sanitario regionale.

1.3.– La terza questione, relativa all’art. 7, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, è promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 1, commi 330 e 332, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, e 1, comma 604, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024), nonché all’art. 3 dello statuto speciale.

La disposizione impugnata stabilisce che: «[i]n riferimento alla contrattazione collettiva regionale 2019-2021, al fine di consentire il tendenziale adeguamento dell’indennità di amministrazione e dell’indennità forestale ai valori stabiliti a livello nazionale, le risorse stanziate all’articolo 10, comma 1, della legge regionale n. 48 del 2018 da destinare alla contrattazione collettiva, sono incrementate complessivamente di euro 15.003.036,42 al lordo degli oneri riflessi e dell’IRAP a decorrere dall’anno 2023 (missione 20 - programma 03 - titolo 1)».

Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata non chiarirebbe né «quale sia il riferimento contrattuale relativo alla “indennità di amministrazione” ed alla “indennità forestale” cui essa fa riferimento», né darebbe conto «della platea dei destinatari degli incrementi di tali emolumenti», ponendosi così in contrasto con la disciplina statale che stabilisce specifici limiti e modalità per l’incremento del trattamento economico accessorio dei dipendenti pubblici.

1.4.– La quarta e ultima questione, avente ad oggetto l’art. 16, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, viene promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera e), e terzo, Cost., in relazione agli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, nonché in riferimento all’art. 3 dello statuto speciale.

La disposizione impugnata stabilisce che: «[è] autorizzata, per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, l’ulteriore spesa di euro 1.177.000 per le finalità di cui alla legge regionale 1° giugno 1999, n. 21 (Trasferimento alle province delle funzioni in materia di controllo e lotta contro gli insetti nocivi ed i parassiti dell’uomo, degli animali e delle piante e soppressione di ruoli speciali ad esaurimento), (missione 09 – programma 05 - titolo 1)».

Ad avviso del ricorrente, la previsione di spesa contenuta nella disposizione impugnata, analogamente a quanto già rilevato in relazione alle misure di cui all’art. 5, commi 19, 20 e 21, della stessa legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, sarebbe stata inserita illegittimamente nell’area del bilancio regionale destinata alle spese sanitarie, in evidente contrasto con quanto stabilito dall’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, con la conseguente violazione dell’art. 117, commi secondo, lettera e), e terzo, Cost. e dell’art. 3 dello statuto speciale per la Sardegna.

In proposito, l’Avvocatura generale dello Stato richiama la sentenza n. 255 del 2022 di questa Corte che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 19, della legge della Regione Sardegna 22 novembre 2021, n. 17 (Disposizioni di carattere istituzionale-finanziario e in materia di sviluppo economico e sociale), ha affermato che «[c]on riguardo al salario accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche, è costante l’orientamento di questa Corte nel ritenere che le relative modalità e criteri di incremento, stabiliti dalla legislazione statale, sono vincolanti anche per le autonomie speciali», in quanto «funzionali “a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l’unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (sentenza n. 82 del 2005, nonché sentenza n. 62 del 2017)”».

2.– Si è costituita in giudizio la Regione autonoma della Sardegna, deducendo l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza di tutte le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

2.1.– Con riguardo alla prima questione di legittimità costituzionale, avente ad oggetto l’art. 5, comma 14, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, la Regione autonoma della Sardegna evidenzia che la disposizione impugnata si limita a consentire alle aziende del Servizio sanitario regionale, previa autorizzazione rilasciata con deliberazione della Giunta regionale, la rideterminazione dei fondi contrattuali delle aree del comparto e della dirigenza, ma nel «rispetto del limite di spesa complessivo per il personale previsto dalla vigente normativa statale e dalle norme in materia di contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale previste dal titolo III del decreto legislativo n. 165 del 2001».

La non fondatezza della questione emergerebbe, pertanto, ad avviso della difesa regionale, dallo stesso, inequivoco, tenore letterale della disposizione impugnata.

La resistente sottolinea, inoltre, che le previsioni dell’art. 11, comma 1, del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, richiamate dal ricorrente come parametro interposto violato, non sarebbero attinenti alla materia dell’ordinamento civile, ma a quella del coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., la cui violazione, però, non è stata prospettata nel ricorso.

Tali previsioni, in ogni caso, pur costituendo principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, non sarebbero applicabili nei confronti della Regione autonoma della Sardegna che, dall’anno 2007, provvede al finanziamento del complessivo fabbisogno del SSN sul proprio territorio, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato.

Quanto, poi, alla ritenuta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva nella materia dell’ordinamento civile, secondo la difesa regionale la disposizione impugnata non disciplinerebbe direttamente il trattamento economico dei dipendenti, limitandosi a consentire la rideterminazione dei fondi contrattuali delle aree del comparto e della dirigenza, ma lasciando alla contrattazione collettiva, come stabilito dalla normativa statale, di definire il trattamento giuridico ed economico del personale.

Infine, con riguardo alla paventata violazione dell’art. 3 Cost., la difesa regionale sostiene l’inammissibilità della questione, per la genericità dei motivi dedotti dall’Avvocatura generale dello Stato e, comunque, la sua non fondatezza, in quanto la disposizione impugnata mirerebbe solo a garantire, attraverso la contrattazione collettiva, parità di trattamento economico ai dipendenti che svolgono identiche mansioni.

2.2.– Con riferimento alla seconda questione di legittimità costituzionale, avente ad oggetto l’art. 5, commi 19, 20 e 21, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, la difesa regionale eccepisce, in via preliminare, l’inammissibilità delle censure.

In particolare, ad avviso della difesa regionale, dovrebbero ritenersi inammissibili le questioni promosse in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e 3 dello statuto speciale, trattandosi di parametri non menzionati nella deliberazione del Consiglio dei ministri di promovimento del ricorso.

Le censure promosse dovrebbero, comunque, essere dichiarate inammissibili, in quanto formulate in termini assolutamente generici, senza fornire alcuna spiegazione delle ragioni per cui le spese previste nelle disposizioni impugnate siano da considerare estranee all’ambito delle spese sanitarie e, pertanto, in contrasto con l’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011.

Peraltro, ad avviso della resistente, gli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, che impongono alle regioni una omogenea rappresentazione delle spese di carattere sanitario nei bilanci, onde consentire una «confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie», non potrebbero trovare applicazione nei confronti della Regione autonoma della Sardegna che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, comma 836, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», «provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato».

Ciò in conformità a quanto affermato, anche recentemente, da questa Corte, secondo cui «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario (sentenza n. 341 del 2009; successivamente ribadita dalle sentenze n. 174 del 2020, n. 241 del 2018, n. 231 del 2017, n. 75 del 2016, n. 125 del 2015, n. 115 del 2012 e n. 133 del 2010)» (sentenza n. 11 del 2021).

2.3.– In relazione alla terza questione di legittimità costituzionale, avente ad oggetto l’art. 7, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, la difesa regionale sostiene, preliminarmente, l’inammissibilità delle censure formulate con riferimento all’art. 1, commi 330 e 332, della legge n. 197 del 2022, per la genericità dei motivi addotti dal ricorrente e l’inconferenza del parametro normativo interposto.

In ogni caso, ad avviso della difesa regionale, le questioni promosse dovrebbero ritenersi non fondate, in quanto le indennità di amministrazione e forestale previste nella disposizione impugnata, avendo cadenza fissa e continuativa ed essendo incluse nella base di calcolo considerata ai fini del trattamento di fine rapporto, costituirebbero componenti del trattamento economico fondamentale spettante ai dipendenti e non, come invece sostenuto dal ricorrente, elementi accessori della loro retribuzione.

Inoltre, la circostanza che la Regione autonoma della Sardegna concorra al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica nazionale attraverso specifici accordi stipulati con il Governo renderebbe non applicabili nei suoi confronti le disposizioni statali integranti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

In questo senso, la resistente richiama la sentenza n. 5 del 2022 di questa Corte ed evidenzia che «per le autonomie speciali – in vigenza del metodo pattizio e di accordo tra la Regione autonoma e lo Stato, tradotto in legge statale – la definizione, per tale via, dell’importo annuo del concorso agli obiettivi della finanza pubblica rende non direttamente applicabili nel contesto regionale interessato le specifiche disposizioni statali integranti principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica».

Ad avviso della difesa regionale, pertanto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023 dovrebbe ritenersi, oltre che inammissibile, non fondata, sia perché lo Stato non avrebbe titolo a dettare principi di coordinamento della finanza pubblica nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, sia perché le indennità considerate nella disposizione impugnata non avrebbero carattere di retribuzione accessoria, per cui ad esse non potrebbero essere applicati i limiti imposti dalla normativa statale a siffatte voci di spesa.

2.4.– In riferimento alla quarta ed ultima questione di legittimità costituzionale, avente ad oggetto l’art. 16, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità delle censure, sia sotto il profilo della paventata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto detto parametro non risulterebbe menzionato nella deliberazione del Consiglio dei ministri di promovimento dell’impugnativa, sia per la genericità dei motivi addotti, avendo il ricorrente affermato, ma non dimostrato, l’estraneità all’ambito delle spese sanitarie dell’intervento previsto dalla disposizione impugnata.

Nel merito la questione sarebbe, comunque, da ritenersi non fondata.

Ciò in quanto, ad avviso della resistente, gli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, che impongono alle regioni una omogenea rappresentazione delle spese di carattere sanitario nei bilanci, onde consentire una «confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie», come già dedotto in riferimento alle analoghe questioni relative all’art. 5, commi 19, 20 e 21, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, non sarebbero applicabili alla Regione autonoma della Sardegna, che si fa esclusivo carico delle proprie spese sanitarie e nei cui confronti, pertanto, lo Stato non potrebbe dettare princìpi di coordinamento della finanza pubblica.

3.– Con memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza pubblica, la resistente ha ribadito le difese e le eccezioni precedentemente formulate, evidenziando che la legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie) ha apportato significative modifiche sia all’art. 5, commi 19, 20 e 21, che all’art. 16, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023.

Tali modifiche normative, consistenti nella ricollocazione delle spese previste dalle disposizioni impugnate su missioni del bilancio regionale estranee a quelle del perimetro sanitario, determinerebbero, ad avviso della difesa regionale, la cessazione della materia del contendere in relazione alle relative questioni.

4.– Con atto depositato il 30 gennaio 2024, notificato in data 29 gennaio 2024, il Presidente del Consiglio dei ministri, in conformità alla delibera del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2024, ha rinunciato all’impugnativa limitatamente all’art. 5, comma 14, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023.

Nelle motivazioni della rinuncia è rappresentato che, alla luce dei chiarimenti contenuti nell’atto di costituzione in giudizio della Regione autonoma della Sardegna, si sono considerate superate le paventate criticità della disposizione impugnata, da ritenere, pertanto, ad avviso del ricorrente, costituzionalmente legittima ab initio.

5.– All’udienza pubblica del 20 febbraio 2024, la difesa della Regione autonoma della Sardegna e l’Avvocatura generale dello Stato hanno insistito per l’accoglimento delle rispettive conclusioni relativamente alle residue questioni, come rassegnate negli scritti difensivi.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso quattro questioni di legittimità costituzionale della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023: la prima, riferita all’art. 5, comma 14; la seconda, avente a oggetto i commi 19, 20 e 21 dello stesso art. 5; la terza, relativa all’art. 7, comma 11, e la quarta questione, infine, riguardante l’art. 16, comma 7.

2.– Con riferimento alla prima questione, che concerne l’art. 5, comma 14, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, si deve rilevare, preliminarmente, che, con atto depositato nell’imminenza dell’udienza pubblica, il ricorrente, previa conforme deliberazione del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2024, ha rinunciato all’impugnativa dell’art. 5, comma 14, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023.

In base alla costante giurisprudenza di questa Corte (ex multis, sentenza n. 106 del 2021), la dichiarazione di rinuncia, pur non accettata formalmente dalla parte resistente, comporta la cessazione della materia del contendere, ove, anche alla luce della condotta delle parti, non emerga alcun interesse a che la questione sia decisa.

Nel caso di specie, la difesa della Regione autonoma della Sardegna, nell’udienza pubblica del 20 febbraio 2024, ha preso atto della parziale rinuncia al ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri e non ha discusso la questione rinunciata.

Ne consegue che, in relazione alla detta questione, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere.

3.– La seconda e la quarta questione possono essere esaminate congiuntamente, riguardando censure del tutto analoghe.

3.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 5, commi 19, 20 e 21, nonché l’art. 16, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, ritenendo che le predette disposizioni violino, in relazione agli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, sia l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici», sia l’art. 117, terzo comma, Cost., nella materia di potestà legislativa concorrente del «coordinamento della finanza pubblica», così superando i limiti che l’art. 3 dello statuto speciale per la Sardegna impone all’esercizio della potestà legislativa regionale.

3.2.– Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, infatti, le disposizioni regionali impugnate comporterebbero una rappresentazione non corretta del finanziamento sanitario regionale, avendo inserito, nel “perimetro sanitario” del bilancio regionale, spese ad esso completamente estranee, in quanto relative ad attività di formazione da svolgere presso le Università di Cagliari e di Sassari (art. 5, commi 19, 20 e 21) e al controllo e alla lotta contro gli insetti nocivi e i parassiti dell’uomo, degli animali e delle piante (art. 16, comma 7).

Più precisamente, la Regione autonoma della Sardegna, nel caso in esame, avrebbe violato i principi in tema di armonizzazione dei bilanci pubblici, che non possono subire deroghe territoriali, neppure all’interno delle autonomie speciali costituzionalmente garantite (ex multis, sentenza n. 80 del 2017).

Le disposizioni impugnate avrebbero, pertanto, illegittimamente ampliato il perimetro delle spese sanitarie, violando l’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 che, al comma 1, primo perodo, impone, invece, alle regioni di garantire, nell’ambito del bilancio, «un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale», al dichiarato «fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti» di programmazione finanziaria sanitaria.

3.3.– Occorre dare atto, preliminarmente, dello ius superveniens di cui alla legge reg. Sardegna n. 9 del 2023, entrata in vigore il 24 ottobre 2023, con la quale, allo scopo di porre rimedio ai profili di criticità segnalati dallo Stato, il legislatore regionale ha modificato le disposizioni impugnate, allocando le spese da esse previste in nuove missioni del bilancio regionale, diverse da quella relativa alla tutela della salute.

Per effetto di tali modifiche, la Regione autonoma della Sardegna ha chiesto, con memoria integrativa depositata in data 29 gennaio 2024, di dichiarare la cessazione della materia del contendere.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, una modificazione della disposizione impugnata in un giudizio in via principale determina la cessazione della materia del contendere quando ricorrano, in pari tempo, due condizioni: il carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e il fatto che la disposizione impugnata non abbia avuto medio tempore applicazione (ex multis, sentenza n. 92 del 2022).

Sebbene le modificazioni apportate dal legislatore regionale debbano ritenersi, nel caso in esame, satisfattive, avendo ricondotto le spese previste in aree del bilancio regionale estranee al perimetro di quelle sanitarie, tali modifiche sono intervenute solo il 24 ottobre 2024, a ben otto mesi di distanza dalla data di entrata in vigore delle disposizioni impugnate, e senza che sia stata data dimostrazione della loro mancata applicazione.

Ciò non consente di dichiarare, nel caso, la cessazione della materia del contendere (ex multis, sentenza n. 268 del 2022).

Pertanto, l’esame delle questioni deve compiersi con riferimento alle disposizioni impugnate nella loro originaria versione.

3.4.– In relazione alle predette questioni di legittimità costituzionale vanno, preliminarmente, respinte anche le eccezioni di inammissibilità formulate dalla Regione autonoma della Sardegna.

3.4.1.– La resistente sostiene, innanzitutto, l’inammissibilità di entrambe le questioni promosse dal ricorrente in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, nonché, per quella avente ad oggetto l’art. 5, commi 19, 20 e 21, in riferimento anche all’art. 3 dello statuto speciale.

Tali parametri costituzionali, infatti, non sarebbero stati evocati nella deliberazione del Consiglio dei ministri di promovimento delle impugnative.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la questione promossa in via principale, rispetto alla quale difetti la necessaria piena corrispondenza tra il ricorso e la delibera del Consiglio dei ministri che l’ha autorizzato, è inammissibile (ex multis, sentenze n. 272 e n. 199 del 2020, n. 83 del 2018, n. 152 del 2017, n. 265 e n. 239 del 2016).

Nel caso in esame, però, la delibera del Consiglio dei ministri che ha autorizzato il ricorso contiene un esplicito riferimento testuale all’«armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci», da ricondursi sicuramente all’ambito di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e indica espressamente, nella sua parte finale, anche l’art. 3 dello statuto di autonomia.

Pertanto, le dedotte eccezioni di inammissibilità non sono fondate.

3.4.2.– Con riferimento, poi, al parametro costituzionale di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., nella materia di potestà legislativa concorrente «coordinamento della finanza pubblica», la difesa regionale ritiene che le questioni vadano dichiarate inammissibili per la genericità della motivazione addotta dal ricorrente a fondamento delle censure.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, «non basta che il ricorso in via principale identifichi esattamente la questione nei suoi termini normativi [, ma occorre] che esso sviluppi un’argomentazione a sostegno dell’impugnazione» (sentenza n. 197 del 2017), poiché la genericità e l’assertività delle censure implicano l’inammissibilità delle questioni (ex multis, sentenze n. 195 del 2021, n. 115 del 2020 e n. 232 del 2017).

Nel caso di specie, però, l’eccezione di inammissibilità non può essere accolta, dovendo ritenersi adeguata la motivazione fornita dal ricorrente.

3.5.– Nel merito, entrambe le questioni sono fondate in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

3.5.1.– L’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, come si è detto, ha lo scopo di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale.

Tale disposizione appare funzionale, coerentemente con la rubrica della stessa (Trasparenza dei conti sanitari e finalizzazione delle risorse al finanziamento dei singoli servizi sanitari regionali), a evitare opacità contabili e indebite distrazioni dei fondi destinati al finanziamento delle spese sanitarie e, in quanto espressione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., trova applicazione anche nei confronti della Regione Sardegna, ancorché questa, ai sensi dell’art. 1, comma 836, della legge n. 296 del 2006, provveda al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato.

Unica eccezione risulta quella prevista dall’art. 30, comma 1, terzo periodo, dello stesso d.lgs. n. 118 del 2011, a favore di regioni che, gestendo «in maniera virtuosa ed efficiente le risorse correnti», nonché «conseguendo sia la qualità delle prestazioni erogate, sia i risparmi nel bilancio», «poss[o]no legittimamente mantenere i risparmi ottenuti e destinarli a finalità sanitarie più ampie» (sentenza n. 132 del 2021).

Nonostante tali chiare previsioni, le disposizioni impugnate inseriscono, nel perimetro sanitario del bilancio regionale, spese che non possono essere ricondotte all’ambito applicativo di detta eccezione e che, in ogni caso, prescindono da qualsiasi finalità sanitaria.

L’art. 5 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023 prevede, infatti, facendole gravare sulla missione 13 del bilancio regionale, dedicata alla tutela della salute, «la spesa di euro 150.000 per l’attivazione di corsi di formazione per Operatori socio-sanitari (OSS) a titolo gratuito» (comma 19); «l’ulteriore spesa di euro 250.000 in favore dell’Università degli studi di Sassari per le finalità di cui all’articolo 8, comma 32, della legge regionale 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019)» (comma 20) e, infine, «la spesa complessiva di euro 1.740.000, in ragione di euro 635.000 per l’anno 2023, di cui euro 70.000 a titolo di rimborso per le attività svolte nel 2022, euro 540.000 per l’anno 2024 ed euro 565.000 per l’anno 2025 in favore dell’Università degli studi di Sassari, Dipartimento di medicina veterinaria, per la realizzazione del Progetto di sviluppo integrato per l’accreditamento della formazione dei medici veterinari della Sardegna» (comma 21).

Parimenti, l’art. 16, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023 autorizza, facendola gravare sempre sulla missione 13, «l’ulteriore spesa di euro 1.177.000 per le finalità di cui alla legge regionale 1° giugno 1999, n. 21 (Trasferimento alle province delle funzioni in materia di controllo e lotta contro gli insetti nocivi ed i parassiti dell’uomo, degli animali e delle piante e soppressione di ruoli speciali ad esaurimento)».

Tali spese, poiché esorbitano dall’ambito delle risorse connesse al finanziamento del servizio sanitario regionale, alterano la struttura del perimetro delle spese sanitarie prescritto dall’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, così eludendo le finalità di armonizzazione contabile.

3.5.2.– Si deve, pertanto, dichiarare l’illegittimità costituzionale, nella loro originaria versione, degli artt. 5, commi 19, 20 e 21, e 16, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023 per la violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

3.5.3.– Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.

4.– La terza questione concerne l’art. 7, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, ai sensi del quale «[i]n riferimento alla contrattazione collettiva regionale 2019-2021, al fine di consentire il tendenziale adeguamento dell’indennità di amministrazione e dell’indennità forestale ai valori stabiliti a livello nazionale, le risorse stanziate all’articolo 10, comma 1, della legge regionale n. 48 del 2018 da destinare alla contrattazione collettiva, sono incrementate complessivamente di euro 15.003.036,42 al lordo degli oneri riflessi e dell’IRAP a decorrere dall’anno 2023 (missione 20 - programma 03 - titolo 1)».

Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata violerebbe gli artt. 117, terzo comma, Cost. e 3 dello statuto speciale, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica di cui agli artt. 1, commi 330 e 332, della legge n. 197 del 2022, 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 e 1, comma 604, della legge n. 234 del 2021, che stabiliscono il tetto di spesa e i criteri di incremento per il trattamento economico accessorio dei dipendenti pubblici.

Secondo la prospettazione dell’Avvocatura generale dello Stato, tali norme sarebbero vincolanti anche per le autonomie speciali, in quanto funzionali a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e a garantire l’unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.

4.1.– In proposito, va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione autonoma della Sardegna per genericità e difetto di motivazione delle questioni promosse in riferimento ai parametri evocati.

4.2.– L’eccezione è fondata.

4.3.– La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che, nella impugnazione in via principale, il ricorrente non solo deve, a pena di inammissibilità, individuare l’oggetto della questione proposta, con riferimento alla normativa che censura ed ai parametri che denuncia violati, ma ha anche l’onere (da considerare addirittura più pregnante rispetto a quello sussistente nei giudizi incidentali: ex plurimis, sentenza n. 115 del 2021) di esplicitare una motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche ragioni che determinerebbero la violazione dei parametri che assume incisi.

Nel caso in esame il ricorrente si è, invece, limitato ad affermare che la disposizione impugnata si porrebbe «in frontale disarmonia» con l’art. 1, commi 330 e 332, della legge n. 197 del 2022, senza però chiarire, in alcun modo, i termini del rapporto tra l’emolumento accessorio una tantum ivi previsto – da corrispondere per tredici mensilità, e da determinarsi nella misura dell’1,5% dello stipendio con effetti ai soli fini del trattamento di quiescenza – e le due indennità, quella di amministrazione e quella forestale, contemplate nella disposizione impugnata.

Anche le altre censure proposte dal ricorrente, sempre in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., risultano del tutto generiche, in quanto la prospettazione di illegittimità degli incrementi della spesa pubblica previsti dalla disposizione impugnata, rispetto ai limiti e criteri stabiliti dalla disciplina statale, è del tutto priva di motivazione.

In particolare, il ricorrente ha omesso ogni spiegazione circa il meccanismo con cui l’art. 7, comma 11, impugnato nel caso, si porrebbe in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica stabilito dall’art. 1, comma 604, della legge n. 234 del 2021, in vigore dal 1° gennaio 2022, che ha introdotto la possibilità di superare, entro un tetto di spesa massimo e secondo criteri e modalità da definire nell’ambito dei contratti collettivi nazionali di lavoro, i limiti di spesa relativi al trattamento economico accessorio dei dipendenti pubblici già stabiliti dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017.

La difesa erariale si limita, infatti, a fondare l’argomentazione del ricorso solo sul mancato esplicito richiamo, da parte della disposizione impugnata, della disciplina statale, per cui i limiti di spesa e i criteri di commisurazione da questa stabiliti risultano solo presuntivamente violati, non avendo il ricorrente chiarito, in alcun modo, le modalità di tali ritenute violazioni.

In conseguenza della genericità e insufficienza della motivazione circa l’asserito contrasto della disposizione impugnata con i parametri interposti evocati (ex multis, sentenze n. 232 del 2019 e n. 196 del 2017) va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità delle censure aventi ad oggetto l’art. 7, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 5, commi 19, 20 e 21, e 16, comma 7, della legge della Regione Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023), nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie);

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023 promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 1, commi 330 e 332, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), lm), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», e all’art. 1, comma 604, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024), nonché all’art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 14, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, promossa, in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., in relazione agli artt. 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, e 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, nonché all’art. 3, primo comma, lettera a), dello statuto speciale, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2024